venerdì 5 novembre 2010

IL PROBLEMA TURCO

Il recente referendum sulla possibilità di costruire dei minareti è stato vinto dai contrari a questa idea. I politici svizzeri ed europei si sono subito preoccupati di questo evento e hanno cercato di minimizzarlo. Questo comportamento denota la loro separatezza dal sentire comune il loro appartenere ad altra realtà. Un amministratore pubblico e a maggior ragione un esponente politico europeo deve sempre sapere di ciò di cui parla avendo il buon senso di documentarsi, ad esempio ricordo che la bandiera europea ha una sua origine, che riporto:" La scelta della bandiera ebbe presso il Consiglio d'Europa un iter prolungato e complesso che durò alcuni anni (tra il 1950 e il 1955 vide prevalere uno dei bozzetti presentato dal disegnatore cattolico francese Arsène Heitz, il quale successivamente allacciò l'idea delle dodici stelle all'immagine della Madonna propria del dodicesimo capitolo dell'Apocalisse: "Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle". Ricordarsi quali sono le ragioni del nostro essere europei aiuta a formulare giudizi razionali. A questo primo fatto si aggiunge un sondaggio effettuato in Italia e pubblicato il 21/11/2009 il 43% degli intervistati si è dichiarato contrario all’ingresso della Turchia in Europa contro il 31.9 che si è dichiarato favorevole.Insomma c’è un evidente scollamento tra gli elettori e certamente alcuni eletti. Sull’argomento a lungo si à speso il professor Roberto DeMattei docente universitario di Storia moderna e di storia del Cristianesimo. Per questo studioso la Turchia è una penisola asiatica, il cui territorio comprende quasi esclusivamente l’Anatolia, con l’eccezione di una piccola appendice in Europa, la Tracia orientale di circa 25mila kmq. Dunque si può parlare di una grande Turchia asiatica e di una piccola Turchia europea, ma più importante dell’aspetto geografico è quello storico. Storicamente la Turchia non ha mai fatto parte dell’Europa. Certamente Tarso fu la città natale di San Paolo, ad Antiochia sorse una delle prime comunità cristiane sotto la guida di San Pietro, a Efeso morì la Madonna e visse a lungo San Giovanni, i primi concili ecumenici si svolsero nell’odierna Turchia, però con la caduta di Costantinopoli la Turchia si è mossa in antitesi con l’Europa.Le monarchie europee hanno definito la propria identità respingendo l’aggressione dell’Impero ottomano, anche se non esisteva ancora l’stituzione detta Unione europea. Però, a partire da Carlo Magno, è nata una civiltà europea, caratterizzata dalla presenza di molti nazioni diverse, ma unite da una stessa fede religiosa, da una stessa visione del mondo, da uno stesso diritto. Anche quando si sviluppò lo scisma protestante, l’Europa restò cristiana. Venezia è stata un avamposto della civiltà europea in Oriente; Vienna, assediata dai turchi nel Cinque e Seicento, e anche Budapest sono stati due riferimenti politico-culturali più importanti dell’Europa cristiana. Ciò che ha caratterizzato la civiltà europea è la distinzione tra le due sfere, quella religiosa e quella politica. La dottrina islamica non ha mai conosciuto la distinzione tra le due sfere: l’Impero ottomano era una potenza nel contempo politica e religiosa. L’espansione ottomana è stata politica, con precisi obiettivi politici, e contemporaneamente anche religiosa, data l’intima connessione esistente all’interno dell’Islam tra le due sfere. Per gli islamici l’espansione in Europa è sempre stata vista come una guerra di religione contro l’Occidente.Sul concetto di evoluzione della Turchia il professor De Mattei ipotizza che si tratti di un’evoluzione nel segno di un progressivo allontanamento del Paese dall’Occidente. La ragione dice è semplice, la Turchia di oggi non è più quella di Atatűrk, laica o laicista, che nacque negli Anni Venti del Novecento. Certamente per alcuni decenni la Turchia è stata un Paese islamico, ma laico e nazionalista; entrò nella NATO e costituì un bastione per l’Occidente. Però ad iniziare dagli Anni Ottanta in Turchia è cominciato un processo di islamizzazione che si è innervato in tutta la vita pubblica. La Turchia dei nostri giorni è uno degli Stati dove si costruisce il maggior numero di moschee, oggi circa 85mila. E’ una Turchia nuova, guidata da un partito neo-islamico, dell’’ex-sindaco di Istanbul, Erdogan, imprigionato per dieci mesi nel 1998 a causa del suo fondamentalismo. Per il professor De Mattei quindi la strada più efficace è quella di stabilire rapporti di partenariato privilegiato con i Paesi più vicini all’Europa. E’ meglio una Turchia fuori dell’UE, ma con essa in rapporti di amicizia: il passaggio dalla Turchia filo-occidentale a quella islamista sta avvenendo in modo più lento rispetto alla rivoluzione khomeinista iraniana ed è coperto da un manto di ipocrisia. E’ tale passaggio che i negoziatori europei di oggi si rifiutano di vedere: è il "partito del velo" la Turchia ha circa 75 milioni di abitanti, destinati a raggiungere i 90 tra quindici anni: diverrebbe dunque il primo Paese dell’UE anche nei seggi parlamentari e in commissione. Inoltre non vanno dimenticate le forti minoranze turche in diversi Paesi occidentali. Ancora: la forza d’attrazione sui musulmani in genere, la concessione della doppia cittadinanza ai turcofoni delle Repubbliche caucasiche. Al momento delle elezioni al Parlamento europeo, un blocco partitico transnazionale turco-islamico potrebbe divenire il primo partito europeo, con tutte le conseguenze istituzionali del caso. Infine va ricordato il pensiero di Benedetto XVI che in due occasioni, quando ancora era solo cardinale, nell’agosto (in un’intervista al Figaro) e il 17 settembre 2004 a Velletri si era espresso in modo articolato contro l’ingresso della Turchia nell’UE. A Velletri aveva parlato di "errore grande" e di un ingresso "antistorico".

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